20 maggio

Solennità di Pentecoste

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L’invito che ci ha rivolto Gesù nel vangelo che abbiamo appena ascoltato è quello a diventare suoi testimoni, a dare testimonianza di lui. Dare testimonianza, essere testimoni è un compito che normalmente ha a che fare con la giustizia: in caso di giudizio o di contesa, si cercano dei testimoni che esprimano ciò che hanno visto o sentito. Per poter essere testimoni bisogna essere stati presenti al fatto, averlo sperimentato in prima persona… non puoi essere testimone di un incidente se tu sei in un’altra città…

Gesù invita i suoi discepoli, anzitutto quelli che sono stati con lui fin dal principio, a diventare suoi testimoni, a raccontare ciò che hanno visto, ciò che hanno sperimentato nella loro vita, in quella relazione particolare e privilegiata che deve essere stata il camminare fianco a fianco del Maestro, ascoltare le sue parole… la fatica anche a comprenderle nel profondo e i conseguenti rimproveri da parte di Gesù per la loro chiusura di cuore. Ma non solo, non è solamente questione di parole da annunciare, ma di vita che deve far trasparire che quell’incontro li ha cambiati, che quell’incontro aveva veramente qualcosa di grande da dire alla vita di ogni uomo. Essere testimoni, va al di là del racconto, chiede di rendere la loro vita un po’ più simile a quella di Gesù.

Che cosa straordinaria stiamo celebrando… il fatto che i discepoli non saranno lasciati soli a rendere testimonianza, perché non si credano dei superuomini e perché non rimangano schiacciati dal peso della testimonianza stessa, dalla fatica quando il mondo non vorrà accogliere la parola del Maestro, così come non accolse il Maestro e lo uccise appendendolo alla croce. Il Padre invierà lo Spirito, il Paraclito, colui che sostiene nella fatica, colui che aiuta nella testimonianza perché doni la forza a quei discepoli.

E quanta forza ha dato e ancora offre alla Chiesa, se ancora dopo 2000 anni, nonostante tutte le piccolezze e fragilità umane che si porta dietro per il fatto di essere fatta di uomini in carne e ossa e quindi peccatori, come ciascuno di noi… ma sostenuta e mantenuta nell’unità proprio dal dono e dall’azione dello Spirito che continuamente si rinnova.

Infatti, oggi, ciascuno di noi è chiamato ad essere, come quei discepoli, testimone del Signore, a raccontare del nostro incontro con Lui, di come Lui ci ha cambiato la vita, di come ci riempie l’esistenza, di quanta gioia ci mette nel cuore l’incontrarci come una grande famiglia di fratelli, ciascuno con i suoi difetti, certo, come ogni fratello, ma con lui che ci tiene uniti perché tutti abbiamo lo sguardo rivolto verso di lui… chiediamogli che l’Eucarestia sia questo momento di gioia che ci apre al diventare suoi testimoni con la nostra vita.