09 settembre

XXIII domenica del tempo ordinario

Se nella prima lettura, profeticamente Isaia ha annunciato di avere coraggio e non temere perché il Signore avrebbe manifestato la sua vicinanza, ed in particolare l’avrebbe fatto donando vista, udito, forza di camminare, parola… ecco che nel brano di Vangelo, Gesù si manifesta al popolo proprio come la concretizzazione di questa profezia donando udito e parola al sordomuto.

Sappiamo bene come sono collegate queste due funzioni fondamentali per la comunicazione: udito e parola. Gesù pronuncia quell’Effatà, proprio invocando il Padre in quello sguardo verso il cielo, perché renda possibile a quell’uomo tornare a comunicare con i suoi fratelli. Nell’ordine l’evangelista Marco ci sottolinea per due volte come l’udito venga prima della parola. Non credo si tratti di una sottolineatura medica… per cui uno non può pronunciare delle parole se non ha a sua volta sentito, appunto come si fa con i bambini, si parla continuamente a loro, non in attesa di una risposta, ma perché la parola udita possa pian piano prendere forma dentro di loro e manifestarsi a sua volta in suoni carichi di senso e, quindi, in capacità di comunicare.

Quello però che vale dal punto di vista fisico, nel nostro imparare a  parlare, ecco che si manifesta anche dal punto di vista della fede, infatti non possiamo rendere lode a Dio, non possiamo nemmeno chiamarlo Padre se prima non ascoltiamo il Figlio suo che ci insegna a fare questo. Il Vangelo di oggi, credo che ci inviti in maniera forte ad un ritorno ad ascoltare con abbondanza, senza stancarsi la Parola del Signore, lasciarci in qualche modo riempire, inzuppare della sua parola, affinché anche le nostre parole pronunciate siano a loro volta cariche della nostra fede, cariche di lui… un po’ come un biscotto inzuppato che quando lo sollevi dal latte rilascia un po’ del liquido di cui si è riempito… così sia la nostra fede, la nostra vita, il nostro cuore… un biscotto che nella liturgia domenicale o quotidiana, nell’ascolto della Parola si lascia inzuppare di Dio per rilasciare quanto ha ascoltato nei fratelli che incontriamo sul nostro cammino.

Ed ecco che un cuore pieno di Dio diventa capace anche di proclamare a tutti quanto è avvenuto e di diventare contagioso verso altri… nonostante la proibizione di Gesù, infatti tutta la folla stupita si mette a rendere lode a Dio per il suo aver fatto bene ogni cosa…

Chiediamo al Signore che ci renda in qualche modo contagiosi di bene, nei confronti di quanti incontriamo sul nostro cammino, lì dove la vita ci ha posto nelle nostre attività di ogni giorno, in famiglia, sul posto di lavoro, nei luoghi che frequentiamo nel tempo libero… perché come diceva la grande mistica Madeleine Delbrel, Fa’ che, come “fiammelle nelle stoppie”, corriamo per le vie della città, e fiancheggiamo le onde della folla, contagiosi di beatitudine, contagiosi della gioia.

– O –

Questo è in qualche modo il mio augurio e la mia consegna a me e a ciascuno di voi, nel proseguo del mio e del vostro cammino che si separa dal punto di vista del luogo, ma non dal punto di vista dell’orizzonte verso il quale tutti tendiamo, che è proprio Lui, il Signore. Mi auguro, in qualche modo, magari solo balbettato, magari solo abbozzato, di essere riuscito ad ascoltare io per primo la Parola del Signore e averla condivisa con voi, non solo con le parole pronunciate da questo luogo o in oratorio, ma con la vita, con l’impegno e l’ascolto, la dedizione e la cura che ho cercato di avere per tutti e per ciascuno. Nel chiedere scusa per quando in questo non sono riuscito, vi auguro che, al di là della mia persona, in qualche modo abbiate potuto intravedere il Signore e fare qualche passo verso di Lui. Vi auguro di continuare a camminare… lasciatemelo dire così, per riprendere l’immagine del biscotto… sbrodolando la vostra fede nelle strade di questa città.