18 marzo

V domenica di Quaresima

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Il cammino di quaresima che la nostra diocesi ci sta proponendo ci fa incontrare Gesù tra la gente. Proprio come quei greci, gente qualunque, gente non del popolo di Israele, stranieri eppure presenti in quei giorni a Gerusalemme e in qualche modo incuriositi dalla figura e dalle parole di questo Maestro così acclamato. Nel Vangelo di Giovanni infatti questo episodio è immediatamente successivo all’ingresso di Gesù in Gerusalemme che festeggeremo domenica prossima. Queste persone hanno visto tanta festa e gioia intorno a questo Rabbì giunto a Gerusalemme per la festa e, incontrato Filippo, gli chiedono la possibilità di vedere Gesù. Non sappiamo bene cosa li abbia smossi, se pura curiosità, se l’idea della fama (uno dei personaggi famosi e in voga del momento, un vip diremmo noi oggi), magari avevano anche loro qualche malato fra i loro parenti per il quale chiedere intercessione e aiuto, magari avevano qualche dubbio esistenziale connesso alla filosofia o alla religiosità greca… oppure avevano voglia di avvicinare la religione ebraica… non ci è dato sapere la loro intenzione, così come non ci è dato sapere, in mezzo alla gente con la quale viviamo, quali sono le motivazioni profonde che avvicinano ciascuno in modo diverso al Signore. Lui non respinge nessuno, li avvicina e coglie in questo il momento opportuno per consegnare loro un insegnamento profondo rispetto a sé stesso e alla vita di ogni discepolo.

E come lo fa? Usando due immagini spazialmente opposte: cadere in terra ed essere innalzato da terra. Ma per entrambe l’immagine è chiara: il Cristo non terrà nulla per sé, tutta la sua esistenza è stata un dono d’amore per l’umanità e anche la sua conclusione sarà esattamente nella stessa direzione. Non si tratterà di una morte fine a sé stessa, non una morte che scrive la parola fine alla sua storia, ma una morte che porterà frutti di salvezza, proprio come quel chicco che solo morendo fa nascere la spiga e nuovi chicchi, come l’essere innalzato che ci attira verso la vita eterna, verso quell’amore autentico e puro.

Forse non importa tanto quali sono le motivazioni che ci avvicinano a Gesù, ma è quanto il nostro cuore e il nostro sguardo sa cambiare, sa lasciarsi plasmare da questo incontro e da questa presenza che non è accomodante, ma ci chiede di smuoverci, di cambiare. Sì, Gesù nella nostra vita è una presenza scomoda perché non si è tirato indietro non ha detto fino qui arrivo e poi basta, ma ha dato tutto sé stesso perché anche noi, attirati da lui verso quella croce, impariamo a nostra volta a donarci reciprocamente con tutto noi stessi.