13 novembre

XXXIII domenica del Tempo Ordinario

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Siamo ormai quasi al termine dell’anno liturgico e la Chiesa ci invita a riflettere sulla nostra speranza, su quell’apertura che la nostra fede ci offre rispetto alla vita futura. Noi non abbiamo davanti il nulla, la fine, ma abbiamo la luce stessa del Signore che rischiara il nostro sguardo.

Quante volte succede anche a noi, come alla gente del tempo di Gesù di fermarci ad osservare le cose che ci circondano, quelle belle pietre del tempio… sì, guardare solamente le cose materiali, quelle pur belle che ci offre la natura o che l’ingegno e l’arte umana ha realizzato nel corso del tempo… dobbiamo ricordare che il tempio di Gerusalemme doveva essere veramente qualcosa di straordinario, di artisticamente grandioso e con all’interno un tesoro inestimabile… ma se quegli uomini, come ciascuno di noi, si fermano ad osservare solo la grandiosità delle pietre, solo la bellezza di ciò che ci circonda potremmo dire che è come metterci ad osservare un quadro al buio avendo in mano solo una misera candela… certo vedremo qualcosa ma perderemo la possibilità di vedere e di cogliere il meglio.

Così era del tempio, certo che quelle pietre erano davvero belle e raffinate, nessuno discute questo, ma quelle pietre non erano state poste lì per essere ammirate ma perché diventassero strumento per incontrare Dio, anche con la loro bellezza… ma ricordando sempre che quella bellezza è destinata a scomparire, come ogni realtà umana, mentre la possibilità di incontrare Dio non passa mai. È quasi imbarazzante parlare del fatto che le pietre umane, in qualche modo sappiamo che prima o poi vengono meno… soprattutto in questi giorni nei quali il nostro Paese è ancora tristemente segnato dalla distruzione che il terremoto ha lasciato dietro di sé, nella quale anche gli edifici storicamente importanti sono crollati. Ma allo stesso modo come non ricordare che lo stesso tempio di Gerusalemme venne distrutto nel 70 d.C. o come altri monumenti storici sono stati distrutti dalla furia umana negli scorsi mesi…

Ma Gesù non ci vuole chiudere nella paura, bensì, come dicevo prima, aprirci alla speranza e possiamo dire che in questa direzione va proprio la conclusione del brano che abbiamo appena ascoltato, quando Gesù dice che ci darà parola e sapienza e che nemmeno un capello del nostro capo andrà perduto e, ancora, che salveremo la nostra vita. Sì, se sapremo restare ancorati a lui, se ci accorgeremo che al di là di ogni progetto o costruzione umana, lui resta, lui è la base solida e sicura sulla quale fondare la nostra vita, se sentiremo nel nostro cuore la gioia di essere suoi discepoli, allora nulla di quanto accadrà fuori di noi ci potrà fare paura, potrà far calare le tenebre, la notte sulla nostra vita, perché avremo lo sguardo orientato verso la luce vera, verso la gioia del Signore Risorto che ha vinto la morte, ha vinto le tenebre per offrirci la vita vera, per offrirci la sua luce.