17 aprile

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Il vangelo di oggi quanta tenerezza ci trasmette: il Signore Gesù ci chiama sue pecore… pecore, non pecoroni…

Anzitutto la tenerezza ci arriva dal fatto che la pecora è un animale non pericoloso, un animale docile… ma non solo questo, non siamo pecore qualunque, confondibili con altre, ma ci definisce SUE pecore… vuol dire che Lui ci tiene a noi, ci vuole bene, vuole il nostro bene, proprio come il pastore che vuole il bene per le proprie pecore, cerca per loro il pascolo buono e non pericoloso, cerca per loro l’acqua, offre loro un luogo di rifugio in caso di pioggia o comunque al riparo dagli animali feroci.

Mi colpisce anche un’altra caratteristica che Gesù sottolinea delle sue pecore: ascoltano la sua voce. Questa è la prima caratteristica che Gesù chiede alle sue pecore: avere un orecchio sintonizzato sulla sua voce, capace di riconoscerla in mezzo alle mille altre che il mondo ci butta nelle orecchie… la sua è una voce particolare, non urla, non è un frastuono, ma è la voce di chi ti ama, di chi ti vuole tenere accanto a sé, perché solo lì c’è la possibilità di una vita vera e piena.

La seconda caratteristica ha il sapore di una reciprocità: io le conosco… ascolto perché sono conosciuto, la voce mi cerca, mi raggiunge proprio perché sono conosciuto dal pastore fino in fondo. È una novità quella che ci viene posta davanti: un Dio che si interessa dell’umanità, ma non dell’umanità in generale ma al nostro Dio, al nostro pastore, al Signore Gesù interessa ciascuno di noi in maniera particolare, ogni pecora come tale è diversa dalle altre ed è amata da Lui. Il suo amore per noi non è un amore generico ma un amore concreto per me, per te…

E l’effetto di questo amore, di questa relazione reciproca è la sequela: esse mi seguono.

La pecora che si riconosce amata sente anche la necessità di seguire il suo pastore, percepisce che solo il pastore è in grado di condurla verso un luogo buono, verso la felicità, verso la salvezza.

Sì perché nessuno strapperà noi, sue pecore, dalla sua mano… e la sua non è una mano qualunque, è la mano onnipotente di Dio… infatti Gesù sottolinea ancora di più la protezione, quando afferma che lui e il Padre sono la stessa cosa, vuol dire che la sua mano e quella del Padre sono la stessa mano che ci prende, ci protegge, ci custodisce, proprio come il papà che tiene per mano il suo bambino e la forza del suo amore fa sì che nessuno possa strapparglielo dalla mano, così il Signore ci tiene nella sua mano, la forza del suo Amore ci tiene ancorati a lui e al sicuro.