03 aprile

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Sentiamoci anche noi, questa sera, come il gruppo dei discepoli. Sono passati 8 giorni dalla Pasqua e siamo qui riuniti, forse noi non siamo qui per timore di qualcuno… anzi magari al contrario qualcuno rischia di lasciarsi suggestionare dai fatti della cronaca e dal tam tam mediatico e si sente sorgere il timore e la paura non tanto di stare fuori, come per i discepoli, ma la paura di stare dentro queste mura…

Comunque siamo qui riuniti e Gesù anche questa sera torna, si presenta in mezzo a noi. Anche noi come i discepoli riceviamo il dono della pace, quella pace che scorre abbondante verso di noi, per risanarci dall’interno, per rappacificare anzitutto noi stessi, i nostri affetti, i nostri pensieri… un uomo o una donna in pace con sé stessi saranno più facilmente in pace anche con quanti hanno intorno, sono la base per costruire una pace più ad ampio raggio, una pace capace di raggiungere il mondo intero.

E dopo averci offerto la pace, Gesù si presenta a noi come è veramente e come siamo chiamati a riconoscerlo: il Crocifisso-Risorto. Quei segni che Tommaso chiede e che Gesù mostra in entrambe le apparizioni, sono proprio – in un certo senso – la nuova carta d’identità di Gesù. Non si può più guardare il maestro e non vedere in lui la passione, morte e risurrezione.

Con quel semplice gesto, Gesù ha affermato che la passione non è stata una semplice messa in scena, Gesù portando le piaghe nel suo corpo glorioso ci dimostra quanto è costato amarci fino alla fine, fino al dono della sua vita per noi. Non si può quindi guardare la risurrezione di Gesù scordandoci della sua passione e morte. Gesù è il Risorto anzitutto perché è il Crocifisso, perché non si è tirato indietro ma è rimasto fedele fino alla fine non scendendo da quella croce. Che cosa straordinaria. Dio si è lasciato segnare dalla storia dell’umanità. Dio non possiamo più sentirlo lontano dalla nostra storia dalla nostra esistenza, dalla nostra vita perché di quella storia ha impresso le piaghe nel suo corpo.

Chiediamo anche noi la grazia al Signore di riconoscerlo nel suo essersi offerto a noi fino in fondo e nel suo aver in questo modo sconfitto la morte e averci aperto le porte della vita eterna. Come Tommaso, anche noi pronunciamo quella bellissima professione di fede: “Mio Signore e mio Dio”. Magari mentalmente nel momento in cui alzerò il pane e il calice durante la consacrazione, lì avremo modo di riconoscere che il Signore Gesù si è offerto fino in fondo per noi e in questo modo ha sconfitto la morte e si dona a noi come l’autentico pane della vita, cibo del cammino.