06 marzo

Leggi le letture di questa domenica

Siamo di fronte ad una delle parabole più conosciute del Vangelo, il Padre Misericordioso, o il Figliol prodigo, a seconda di quale dei personaggi si vuole considerare…

Stupisce sempre il comportamento del Padre, un amore grandissimo per suo figlio, un amore che accoglie anche il lasciarlo partire per un paese lontano… chissà quanta sofferenza ha provato quel papà… al punto da essere lì ad aspettarlo… ce lo immaginiamo alla finestra a scrutare l’orizzonte, a guardare infondo alla strada, con la speranza che prima o poi possa fare capolino il figlio. Un amore così grande da essere disposto a soffrire per il distacco, eppure un amore così grande proprio perché è un amore che lascia liberi…

Nessuno però dei due figli aveva scoperto e percepito su di sé il sapore di quella libertà… il più piccolo, quello che se ne va di casa, ha percepito la libertà come l’andarsene di casa, lo sbattere quasi la porta, il fare “quello che c’ho voglia” che chissà quante volte abbiamo sentito o magari abbiamo pronunciato noi stessi… il secondo si sentiva al pari di uno dei servi di quella casa, non un figlio libero, solo che non aveva mai avuto il coraggio di chiedersi cosa fosse la libertà, in che modo l’abitare quella casa poteva voler dire farlo da vero figlio, libero, libero di amare il Padre e di lasciarsi amare dal Padre.

Ecco che l’amore apre alla libertà. Il figlio che ritorna scopre cosa sia veramente e fino in fondo la libertà… non di certo quella che aveva cercato lontano sperperando tutto il denaro che il padre gli aveva consegnato… la libertà di essere nuovamente accolto in quella casa, pienamente reintegrato da vero figlio, a tutti gli effetti (anello al dito, vestito bello, festa per il ritorno…).

L’altro fratello non capisce, si lascia prendere dalla rabbia o magari un po’ anche dall’invidia per quel figlio che è tornato e viene accolto con una grande festa che non era mai stata fatta per lui…

Quante volte anche noi ci illudiamo che la nostra libertà risieda nel fare quello che vogliamo, invece Gesù ci insegna che la libertà più grande l’abbiamo dall’amare, che è proprio la parola che guida questa settimana. AMARE vuol dire essere persone autentiche, libere, capaci di accogliere gli altri così come sono, accogliere che l’altro abbia anche strade diverse, accogliere se ritorna. Amare non vuol dire mettere un guinzaglio, legare a sé soffocando l’altro, amare è fare posto all’altro nella nostra vita, un posto che lo fa sentire a casa, amato, riconosciuto per quello che è veramente. Gesù e il Padre fanno questo per noi, attendono che noi torniamo per accoglierci nel loro abbraccio, per farci sentire veramente a casa con loro.

Chiediamo al Signore in questa settimana di saper accogliere il suo invito ad amare, non perché siamo particolarmente bravi, ma perché sentendoci amati noi per primi sentiamo il bisogno di restituire questo amore a quanti abbiamo accanto.