27 dicembre
Leggi le letture di questa domenica
Sono già passati dodici anni, la liturgia ci porta già ad incontrare un Gesù adolescente, o meglio un Gesù già cresciuto al punto di avere la possibilità di confrontarsi con i grandi maestri del tempio. Era così, a dodici anni si poteva leggere la bibbia e si entrava a far parte, in un certo senso, del mondo adulto.
Anche Maria e Giuseppe sembrano stupirsi tanto quanto noi per questo, ma non solo per la possibilità, ma per tutto quanto avviene e per quelle parola che Gesù rivolge loro. Oggi è la festa della sacra famiglia, non della famiglia in genere, anche perché se si prendesse questo brano a paradigma del rapporto genitori figli credo che non sarebbe molto corretto. Luca con il suo vangelo non vuole mostrarci un Gesù disubbidiente e nemmeno uno irrispettoso dei propri genitori.
È bello, invece, l’atteggiamento nel quale questa famiglia vive ogni occasione della propria esistenza. Tutti e tre, potremmo dire, vivono con lo sguardo rivolto verso il cielo… non fraintendiamo, non sono con la testa fra le nuvole, ma ogni loro azione ha come orizzonte Dio. È bello il fatto che ogni anno facessero il pellegrinaggio a Gerusalemme, al tempio e vi portano anche Gesù.
Lì potremmo dire che Gesù inizia a scorgere la sua vocazione, la sua chiamata, lo scopo della sua incarnazione, la sua missione in mezzo a questa nostra umanità: devo occuparmi delle cose del Padre mio.
Non si tratta di una risposta irriverente nei confronti di Maria e Giuseppe, ma il suo riportarli al senso profondo della sua nascita. Quanta tenerezza ci fanno questi due genitori che non comprendono ciò che Gesù dice loro, eppure accolgono quelle parole come un segno, come qualcosa da custodire nel cuore, qualcosa di non chiaro che via via assumerà consistenza con il crescere di quella vita.
E Gesù accoglie fino in fondo il suo essersi fatto uomo, nato in una famiglia, torna a casa, con i suoi genitori e sta loro sottomesso, non è ancora il tempo della sua manifestazione, è presto perché la sua missione trovi concretezza in un annuncio, iniziano gli anni della vita nascosta, quella vita nella quale Gesù ha imparato a conoscere, apprezzare e accogliere fino in fondo la nostra umanità. È qui che scopriamo la bellezza e la grandezza della sua incarnazione, che va al di là della tenerezza che può suscitare nel cuore l’immagine del bambinello, è invece il portare dentro di sé tutto di questa nostra umanità eccetto il peccato, accettare di farla sua poco per volta, nel nascondimento di una casa qualunque, in una famiglia qualunque in un paesino sconosciuto… è cresciuto in età, sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini, perché solo così poteva salvare l’umanità, facendola propria, facendosene carico dal suo interno.
Sentiamoci oggetto di questo amore profondo di Dio per l’umanità, come Maria accettiamo di non comprendere tutto dell’azione di Dio nella nostra vita, riconosciamo anche che i tempi del Signore non sempre corrispondono ai nostri, chiediamo a lui di avere ogni giorno lo sguardo rivolto al cielo, riconoscendo che l’orizzonte della nostra esistenza è lui e l’incontro con lui.